Lella Costa: «Come una specie di sorriso»

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raffa:>
view post Posted on 20/1/2013, 14:43     +1   -1




Lella Costa: «come una specie di sorriso»
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La ragazza che al fidanzato in mostruoso e reiterato ritardo risponde con nonchalance: "Oddio, scusami, non sono ancora pronta, mi dai cinque minuti?" sta affermando la superiorità dell'essere umano su quello che gli capita. In poche parole, sta facendo dell'ironia invece di usare un qualunque oggetto contundente. È molto più pulito, dignitoso e decisamente liberatorio. Lella Costa, liquidatrice del suddetto fidanzato e oggi, non per caso, signora dell'ironia, ci racconta come mai questa arte dello sguardo obliquo sia indispensabile per affrontare con leggerezza gli sgambetti della vita. Attingendo ai classici della letteratura e della musica, da Socrate all'immenso Shakespeare, da Lewis Carroll al Signor Bonaventura, da Paolo Conte a De André, e dal proprio repertorio, ci fa scoprire che l'ironia è un filo rosso, probabilmente il vero talismano che nei secoli ha protetto l'umanità da adolescenze inquiete, cuori infranti, rughe precoci, su su fino a guerre, dittature vere e democrazie da operetta. E benché l'ironia sia difficile da spiegare (esistono fior di saggi per quello), forse impossibile da insegnare e da imparare (diffidare di chi si autoproclama ironico), si può pur sempre viralizzare, sin dalla più tenera età. Anche il sorriso, come lo sbadiglio, è contagioso.


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Lella Costa: «Il sorriso rende seri»
Da Socrate a Shakespeare, l’ironia come arma intelligente per essere più liberi e credibili. L’attrice dedica un libro all’arte della leggerezza
Lella Costa, in libreria con Come una specie di sorriso (Piemme), in basso

Lella Costa, in libreria con Come una specie di sorriso (Piemme), in basso Ph. S. Pellecchia

L’ironia è difficile da insegnare, ma è facile farsi contagiare. E se lo dice Lella Costa, che ha costruito la sua carriera sull’innata capacità di dire cose tutt’altro che superficiali con leggerezza, viene voglia di “ammalarsi” subito. Sfogliando le pagine del suo ultimo libro, Come una specie di sorriso (Piemme), ci si accorge che l’ironia era amata e temuta già ai tempi di Platone. Eppure la sensazione diffusa è che mai come in questo periodo ci sia stato bisogno di sorridere e prendersi in giro.

Perché è importante parlare di ironia in questo momento storico?
«Quando è nata l’idea del libro la situazione non era ancora così drammatica, ma scrivendo ci siamo accorti del bisogno di provare a cercare un nuovo punto di vista, un altro modo di vedere le cose che non tenga noi stessi come parametro. C’è una frase di Romain Gary che pagherei per aver detto io: “L’ironia è una dichiarazione di dignità. È l’affermazione della superiorità dell’essere umano su quello che gli capita”. Mi sembra un comandamento perfetto per riproporzionarci e darci un nuovo ruolo».

Nel sottotitolo ricorda che l’ironia ci rende liberi. Cosa invece ci rende schiavi?
«Gli stereotipi, l’omologazione della realtà. Perfino nelle situazioni più estreme, quando vengono a mancare i diritti più elementari, uno sguardo ironico può scatenare un capovolgimento in questa visione del mondo».

Forse dovremmo allenarci a essere tutti un po’ più ironici…
«Basterebbe provare a darsi più ascolto. Se apprezzi l’ironia in una persona, significa che dentro di te possiedi già il linguaggio per decodificare il suo messaggio. Diffiderei solo da chi si dichiara “molto ironico”: è come chi parla in pubblico definendosi “molto timido”. L’autoaffermazione è tutto il contrario dell’autoironia, che come scopo principale ha quello di abbassare il livello di autoreferenzialità».

Lei sostiene che l’ironia e l’autoironia riescono meglio alle donne. Come mai?
«Diciamo che nei secoli abbiamo avuto molto più tempo per imparare a coltivare le relazioni. Per forza o per amore, scambiarci strali contro gli uomini è stata una tecnica di sopravvivenza. E forse lo è ancora adesso. Non voglio dire che i maschi non possano essere ironici, ma sicuramente gli esempi più citati, da Oscar Wilde in giù, non sono dei campioni di virilità. E del resto la virilità stessa impone spesso di non mettersi in discussione».

Anche i politici italiani rientrano in questa categoria?
«Sicuramente ironia e potere non si frequentano molto, soprattutto da noi. Negli ultimi anni ho visto molti “fare gli spiritosi”, svilendo i contenuti con una forma volgare, ma ben pochi “essere spiritosi”. Perfino Beppe Grillo, che pure è diverso dagli altri politici, si è abbassato ad usare battute a sfondo sessuale: evidentemente hanno ancora presa, e questo è davvero deludente».

C’è stato un sorriso che le ha cambiato la vita?
«Ce ne sono stati molti: ridere è come piangere, significa essere disponibile a farsi coinvolgere. A volte un pizzico di ironia può cambiare una situazione: ricordo ancora di un fidanzato che si è presentato sotto casa con quattro ore di ritardo… Al citofono gli ho detto che non ero ancora pronta: la serata ha cambiato piega».

Con il sorriso e l’ironia si possono anche combattere grandi battaglie…
«Sono convinta che chi, come me, ha il privilegio della notorietà e spero della credibilità debba metterle al servizio delle cause in cui crede. Sicuramente avrei sostenuto Emergency, Cesvi e Comunità Nuova anche se non avessi fatto questo mestiere, ma poter contare sull’arma del linguaggio offre una marcia in più. Persone come don Gino Rigoldi sono esempi di come leggerezza e laicità possano spingere a fare del bene senza quella retorica che ti colpevolizza e alla fine ti paralizza».

Come una specie di sorriso è un omaggio a Fabrizio De Andrè. Se potesse incontrarlo oggi, cosa gli chiederebbe?
«Più che fare domande, starei semplicemente ad ascoltarlo e a godere della sua voce meravigliosa. Ho avuto la fortuna di conoscere Fabrizio e di trascorrere delle serate con lui, e posso dire che è uno degli uomini più spiritosi e perfidi che io abbia mai incontrato. Non a caso il suo sguardo sorprendente sul mondo continua ad essere un punto di riferimento. Il merito è anche di Dori Ghezzi: ha saputo condividere il suo ricordo con tutti senza esserne gelosa e senza retorica

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