Addio a Marcello D’Orta, maestro e scrittore di IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO

« Older   Newer »
  Share  
raffa:>
view post Posted on 23/11/2013, 16:13     +1   -1




Addio a Marcello D’Orta,
maestro e scrittore


3fbdfa0354d1c86f5a4a62c18c43ba88-kltE-U10201258317987Q9B-330x185@LaStampa.it

Marcello D’Orta aveva 60 anni
Si è spento a 60 anni l’autore di “Io speriamo che me la cavo”. Era malato di cancro da tempo. I funerali si terranno domani nella Basilica
di San Francesco di Paola a Napoli



Marcello D’Orta lo aveva detto e lo ha fatto fino all’ultimo. Fino a quando le forze glielo hanno consentito. E grazie all’aiuto della fede e del figlio frate: insieme hanno riletto le bozze del libro su Gesù che stava scrivendo tra mille sofferenze causate da un cancro. Lo scrittore, morto a Napoli all’alba, a 60 anni, autore del celebre best seller “Io speriamo che me la cavo“ (due milioni di copie vendute, ne fu ricavato anche un film con Paolo Villaggio per la regia di Lina Wertmuller), ha mantenuto fede alla sua promessa: scrivere per non morire, scrivere per trovare una ragione di vita, scrivere per dare dignità alla lotta contro una malattia impietosa.

L’ex maestro elementare della scuola `sgarrupata´ di Arzano confidò questo sua missione all’ANSA un anno e mezzo fa affermando di aver trovato l’antidoto giusto contro il male. Un male che - lui che non aveva “vizi” - chissà, si è chiesto una volta, non abbia avuto origine anche dalla permanente condizione di precarietà legata ai rifiuti.

Ma il tumore non lo ha piegato, anzi. «Papà voleva raccontare Gesù ai bambini e io stavo cercando di dargli una mano dal punto di vista, diciamo così, tecnico», spiega Giacomo, 29 anni, teologo, dell’ordine religioso dei ”frati minimi”. «La sua fede - aggiunge - lo ha aiutato tantissimo. La malattia lo aveva stroncato nel fisico, ma non nello spirito. Io gli leggevo i vari capitoli e lui correggeva...».

La scuola, la sua città, la fede, l’impegno civile, ma anche tante altre mille curiosità e interessi per uno scrittore garbato e intelligente, mai banale, innamorato di Napoli. Nel “Cuore di Napoli”, ultimo lavoro, effettuava proprio un viaggio sentimentale tra i vicoli e i bassi, ma il perno centrale restava la scuola. Da «Io speriamo che me la cavo» (raccolta di temi pieni di strafalcioni scritti dai bambini) fino ad «Aboliamo la scuola», la sua analisi - divertita e seria contemporaneamente - mirava a squarciare il velo delle ipocrisie e dei cliche’ su un mondo che lui aveva attraversato da giovane (ha insegnato per 15 anni). «La scuola da abolire - spiegava D’Orta - è la scuola degli sprechi (come quella dei corsi inutili tipo la `scrittura geroglifica´ che costano agli italiani milioni di euro); la scuola delle ideologie (quasi tutti i manuali di Storia la pensano `alla stessa maniera´); la scuola sistemata in edifici vecchi e pericolosi; la scuola dove insegnanti, alunni e genitori si fanno la guerra».

Era nato il 25 gennaio del 1953 in una casa di Vico Limoncello, nel Centro antico, in una famiglia di dieci persone. E a quei luoghi era rimasto sempre legato. Dalla sua casa al Vomero, dove viveva con la moglie Laura, ora prendeva il “volo” viaggiando con la scrittura con la quale, negli ultimi tempi, aveva esorcizzato la malattia. Fra le sue opere «Dio ci ha creato gratis», «Romeo e Giulietta si fidanzarono dal basso», «Il maestro sgarrupato», «Maradona è meglio `e Pelé”, «Storia semiseria del mondo», «Nessun porco è signorina», «All’apparir del vero, il mistero della conversione e della morte di Giacomo Leopardi», «Aboliamo la scuola», «A voce d«e creature”, «Era tutta un’altra cosa. I miei (e i vostri) Anni Sessanta», «Cuore di Napoli». Collaboratore di diversi quotidiani, le sue opere sono state tradotte in numerosi Paesi.

E ora voleva raccontare Gesù ai bambini di oggi, l’opera più difficile. Dice il figlio, vice parroco della Basilica di San Francesco di Paola dove domani si terranno i funerali: «Ci stava riuscendo ma stamattina alle 5 se ne è andato al sorgere del sole. Sono convinto che il Signore raccoglierà questo tuo sforzo e tanti bambini conosceranno Gesù grazie a te. Ciao, Papà, la fede ti ha aiutato a vincere la tua battaglia».


la stampa.it
 
Top
hassia
view post Posted on 28/11/2013, 23:22     +1   -1




quante risate mi sono fatta quando ho letto x la prima volta "io speriamo che me la cavo!" mi spiace! era un brav'uomo!
 
Top
1 replies since 23/11/2013, 16:13   7 views
  Share