FERTILITY DAY -22 /09/2016

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view post Posted on 1/9/2016, 13:09     +1   -1




fertility

Fertility Day: se non mi sfogo rischio il travaglio prematuro

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Barbara Serra - Giornalista
Mi ero promessa di non scrivere della mia maternità. Come mi ricorda spesso il mio compagno, non sono la prima donna a rimanere incinta, perciò le probabilità di scrivere qualcosa di originale a proposito sono alquanto ridotte. Eppure eccomi qua, a casa a Londra sdraiata sul divano, 3 cuscini sotto i piedi, computer bilanciato sul pancione ormai grande quanto un'anguria, a venir meno alla promessa. Perché ho appena visto quei poster assurdi per il fertility day e se non mi sfogo finisco con l'andare in travaglio prematuro.

Visto che "La bellezza non ha età, ma la fertilità sì" iniziamo con il fatto che ho 42 anni e sto aspettando il mio primo figlio. Un maschietto che (se Dio vuole/Inshallah/G-d willing) dovrebbe arrivare proprio verso il 22 settembre, il fatidico fertility day. Il termine tecnico usato in Inghilterra per mamme della mia età è "madre geriatrica". Brutto colpo vederlo sulla cartella medica. Eppure non mi dispiace, perché 42 è l'età giusta per me. Avrei potuto averne prima. A 28 anni avevo, fortunatamente, un posto fisso a Londra, sicurezza economica e un compagno che voleva una famiglia. Quello che non avevo era la minima voglia di fare un figlio. Non ho mai analizzato più di tanto perché questo fosse il caso. Non pensavo di dovere un bimbo a qualcuno. O che la mia fertilità fosse un "bene comune". Tutt'altro. Era una cosa intensamente personale, fra me e il mio compagno. Sapevo che rimanere incinta dopo i 35 anni avrebbe potuto essere difficile, ma era un rischio che ero pronta a correre, non avendo mai considerato l'essere madre o meno una parte essenziale della mia identità. Sicuramente non sarebbe stata la tipa del poster con la clessidra a farmi cambiare idea.

In quasi tutti i paesi occidentali le donne stanno avendo il primo figlio più tardi. La tragedia dell'Italia è che anche chi vorrebbe fare figli da giovane spesso non può. È ironico che il 22 settembre sia stato battezzato "fertility day", in inglese, quando il problema del basso tasso di natalità è molto più sentito da noi che non in Inghilterra, o generalmente in Nord Europa. I miei amici inglesi rimangono sempre sorpresi quando scoprono che gli italiani fanno meno figli dei britannici. Si chiedono come questo possa essere possibile in un paese culturalmente cattolico, con una grande tradizione della famiglia come l'Italia?

Probabilmente non sanno dell'alto tasso di disoccupazione, sopratutto femminile, del lavoro precario, dell'insufficienza di asili nido. O dell'ovvia discriminazione verso donne in età riproduttiva. Nel Regno Unito è illegale per un potenziale datore di lavoro chiedere in un colloquio se una donna (o un uomo) ha figli o intenzione di averne. Anche se quest'ultima offrisse dettagli familiari volontariamente, è illegale chiederle chi si prenderà cura dei bambini durante le ore lavorative. Non si può chiedere l'età o la data di nascita. Non si può chiedere lo stato civile. Ho perso il conto delle amiche che mi hanno confessato di aver dovuto rispondere a simili domande durante colloqui di lavoro in Italia, per poi vedersi non assunte.

Ma non è solo una questione di opportunità lavorative e protezione legale. È anche una questione culturale. Le donne partoriscono, ma i figli li fanno le coppie. Qui in UK il mio compagno avrà due settimane di paternità pagate dopo la nascita del bimbo. E se volessimo, il mio anno di maternità potrebbe prenderlo lui, se io dovessi tornare a lavoro. Il ruolo della mamma è cruciale nei primi mesi di vita del bambino ma a volte non si ha scelta. Il marito di una mia amica ha perso il lavoro due settimane dopo la nascita del loro secondo figlio. Lei è tornata subito a lavoro, e lui è rimasto a casa con il neonato. Non certo una situazione ideale, ma se non lo avessero fatto, avrebbero perso la casa. Nel Regno Unito una donna può, se vuole o deve, tornare al lavoro anche solo due settimane dopo la nascita. Sta al governo offrire opzioni, e alle coppie scegliere cosa funziona meglio per loro.

Nei quattro poster del fertility day, dell'uomo si intravedono solo i piedi sotto le lenzuola. La dice lunga sulla continua percezione del ruolo maschile in questioni di fertilità e dell'essere genitori. Il coinvolgimento dei padri è cambiato enormemente nelle ultime generazioni. Sono abbastanza certa che mio padre non abbia mai cambiato un pannolino, mentre i padri di oggi sono sicuramente più presenti. Ma anche quando lo sono, la società spesso li loda come se stessero facendo qualcosa di eroico e speciale, invece che semplicemente il loro dovere. Della madre invece tutto è preteso. Nel nostro paese la responsabilità giornaliera di far crescere i figli ricade ancora sproporzionatamente sulle donne, senza un vero aiuto dallo stato o, ancora troppo spesso, dal marito. Se non cambiano questi fattori, ricordare alle donne dell'orologio biologico non è solo inutile. È offensivo.
Huffington Post

Fertility day, un padre scrive alla Lorenzin: "Presi a sberle dalla vostra miopia"
"Prima della giornata nazionale della fertilità voglio, pretendo da cittadino che paga le tasse, che un Ministro del mio paese lanci la giornata nazionale dei trasporti pubblici efficienti, dei nidi gratuiti, del reddito minimo garantito, della sanità e della scuola pubblica e gratuita"
di Tancredi Tarantino*
01 settembre 2016

Gentile Ministra Lorenzin,

Chi le scrive é papà di una bellissima bimba di quasi tre anni.

In questi tre anni, io che ho avuto la fortuna di avere una busta paga dove ho caricato mia figlia al 100%, ho ricevuto dallo Stato una detrazione complessiva di 1.200 euro lordi all'anno. Nel frattempo però mia figlia é dovuta andare al nido, un nido comunale (cioè pubblico) il cui costo mensile é stato di 550 euro. Che moltiplicato per undici mesi, fanno 6.050 euro all'anno.

Chi lavora in nero, chi ha dei contratti saltuari o ha un salario basso, non detrae nulla. Se poi un lavoro nemmeno ce l'hai, cavoli tuoi, vorrà dire che avrai tempo libero per badare a tuo figlio. E se devi cercare un lavoro, fare un colloquio, andare a fare una visita medica o quant'altro, semplicemente ti attacchi.
Per non parlare del nostro mercato del lavoro che discrimina le donne per il solo fatto di essere mamme o, peggio ancora, incinte.

Quando mia figlia ha un'influenza, un mal di pancia, la sesta malattia, la "mani bocca piedi" (che sconoscevo prima di diventare papà), la congiuntivite o la bronchite, io o mia moglie dobbiamo prendere un giorno di ferie o un giorno di malattia. In molti casi bisogna sperare in un permesso extra. Perché l'opzione baby sitter vorrebbe dire altri 10 euro l'ora che, per 10 ore passate fuori casa da noi lavoratori fertili, fanno parecchi euro al giorno. Mentre i nonni che una volta accudivano i nipoti, oggi aspettano ancora di andare in pensione.

Se poi per qualsiasi sventurato motivo devi prenotare per tua figlia una visita specialistica, le strutture pubbliche hanno spesso liste d'attesa che rendono praticamente inutile il servizio, e allora ti rivolgi al privato. Che vuol dire spendere altri 100-150 euro a visita.

E che dire del tempo libero dei nostri figli? Sport, musica, danza. Tutto privato e a pagamento, mentre le detrazioni fiscali sono irrisorie. Perché fuori da quelle stanze dove siete chiusi, signora Ministra, il pubblico ormai é ridotto al lumicino. Una luce flebile, presa a sberle dalla vostra miopia.

E poi c'é l'incognita "tempo". Perché in questa società iperconnessa, dove in molti lavori sei raggiungibile 24 ore su 24, dove sprechi il tuo tempo in mezzo al traffico o su mezzi pubblici dissestati, in ritardo o soppressi, dove gli straordinari sono spesso gratuiti e obbligatori, quanto tempo riesci a dedicare a tua figlia? Quanto tempo hai a disposizione per ascoltarla, giocare con lei, indirizzarla o, più semplicemente, godertela? Perché se dovessimo monetizzare anche il fattore tempo, il costo di un figlio sarebbe incalcolabile.

Ecco perché le scrivo, signora Ministra. Perché lei può anche lanciare una medievale giornata nazionale della fertilità (d'altra parte da questo Governo non mi aspetto niente di più che un nuovo Medioevo culturale), ma prima voglio, pretendo da cittadino che paga le tasse, che un Ministro del mio paese lanci la giornata nazionale dei trasporti pubblici efficienti, la giornata nazionale dei nidi gratuiti, la giornata nazionale del reddito minimo garantito, la giornata nazionale della sanità e della scuola pubblica e gratuita.

In attesa di tutto ciò, signora Ministra, il 22 settembre io e mia moglie faremo l'amore. E anche quel giorno useremo il preservativo.

* Tancredi Tarantino, 39 anni, cooperante internazional
Espresso
 
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